trattamento-acqua-sanitaria

Il DPR 59/09 che dispone di dotare l’impianto nel caso in cui i contenuti di calcare siano troppo elevati all’interno degli impianti di riscaldamento e di produzione di acqua calda di dispositivi che contrastino queste situazioni negli impianti idraulici, tale indicazione diventa cogente nel caso di costruzione di nuovi impianti e nella ristrutturazione totale o parziale di impianti esistenti.

La durezza dell’acqua è la somma dei sali di calcio a magnesio che, per effetto dell’innalzamento della temperatura, causa incrostazioni calcaree specialmente dove è maggiore lo sbalzo termico. Ciò è dovuto ad una reazione chimica che provoca la formazione di bicarbonato di calcio ed anidride carbonica. Il carbonato di calcio precipita, originando incrostazioni e blocco delle tubazioni, mentre l’anidride carbonica prodotta innesca un processo corrosivo.

Questo fenomeno comporta un notevole danno, in quanto spesso siamo costretti a pagare grosse somme di denaro per le riparazioni degli impianti e degli elettrodomestici. 
L’accumulo di calcare costringe inoltre a consumare più energia per il riscaldamento e la circolazione dell’acqua. Si calcola che un apparecchio aggredito dal calcare consuma fino al 30% di energia in più e subisce un invecchiamento precoce.
La durezza viene generalmente espressa in gradi francesi (ºf, da non confondere con ºF, che sono i gradi Fahrenheit), dove un grado rappresenta 10 mg di carbonato di calcio per litro d’acqua. Attualmente si usa anche il grado MEC, che corrisponde ad 1 g di carbonato di calcio in 100 litri ed è perciò uguale al grado francese.

In genere, le acque vengono classificate dure oltre i 35 ºf.

L’articolo 4, comma 14, del DPR 59/09, prescrive:
a) in assenza di produzione di acqua calda sanitaria ed in presenza di acqua di alimentazione dell’impianto con durezza temporanea maggiore o uguale a 25 gradi francesi:
1) un trattamento chimico di condizionamento per impianti di potenza nominale del focolare complessiva minore o uguale a 100 KW;
2) un trattamento di addolcimento per impianti di potenza nominale del focolare complessiva compresa tra 100 e 350 KW;

b) nel caso di produzione di acqua calda sanitaria le disposizioni di cui alla lettera a), numeri 1) e 2), valgono in presenza di acqua di alimentazione dell’impianto con durezza temporanea maggiore di 15 gradi francesi.

Per le caldaie con potenza superiore a 350 KW, la legge prevede un addolcitore con filtro di sicurezza che porti l’acqua sotto i 15 gradi francesi.

Il trattamento dell’acqua sanitaria, può essere eseguito principalmente attraverso due sistemi:
– sistema di addolcimento, detto “addolcitore”,
– un sistema definito “dosatore di polifosfati”

Addolcitore a resine:
Le resine attraversate dall’acqua da trattare assorbono la parte calcio in sospensione, eliminandolo totalmente, all’uscita dall’addolcitore viene miscelata una parte di acqua non trattata con quella addolcita in modo da lasciare una parte di calcio nell’acqua per uso domestico (normalmente 15° Francesi di durezza). 
Le resine dopo la saturazione devono essere rigenerate con un sistema a contro lavaggio, viene immesso del sale in precedenza disciolto in apposito contenitore, queste cedono la parte calcio all’acqua che va allo scarico ed assorbono la parte sodio, dopo apposito risciacquo il tutto torna a funzionare normalmente per un’altro ciclo di lavoro.

Tale sistema consente un risparmio economico non indifferente poiché una volta installato ed adeguatamente calibrato al fabbisogno, consente di ridurre l’utilizzo di detersivi (- 50%), ammorbidenti (-80%), anticalcare (-100%); inoltre la dotazione degli impianti di tale sistemi consente un risparmio di energia elettrica stimato in un 35% in meno, nonché ad un risparmio nelle manutenzioni ai vari elettrodomestici, quali: lavatrici, lavastoviglie, ferri da stiro, caldaie ecc.

Dosatore di polifosfati:
essi impediscono il deposito del calcare immettendo nell’acqua sostanze che contrastano il meccanismo di deposito finché siamo a temperature sotto i 60°, il calcio che è presente nell’acqua resta tutto in ogni caso non scompare, rimane solo in sospensione.
Il trattamento con polifosfati unisce fosfati con carbonato di calcio per formare un’unica macromolecola stabile.

I dosatori dosano in modo proporzionale una miscela anticalcare ed anticorrosiva, cedendo all’acqua una parte della loro particolare composizione che forma sulle superfici metalliche una pellicola microscopica ed antivegetativa. L’acqua crea pertanto un limitato contatto con le superfici metalliche e, nello stesso tempo, si instaurerà un processo di sospensione che non permetterà la precipitazione dei sali di calcio e magnesio.

Questo metodo è meno efficace del trattamento precedente e presenta i seguenti inconvenienti:


– il dosaggio dei polifosfati con le economiche apparecchiature in commercio è prefissato ad una certa quantità, mentre lo stesso dosaggio dovrebbe essere proporzionale alla quantità di calcio presente nell’ acqua, pertanto in molti impianti si possono superare i valori limiti posti dalla legge, con possibili danni per la salute; 
- il campo di funzionamento dei polifosfati va da una temperatura di 20°C fino a 60 °C, pertanto utilizzato fuori dal campo indicato, il suo funzionamento è praticamente nullo. 
- noi sconsigliamo l’utilizzo di polifosfati per acque destinate all’alimentazione.

-tuttavia i dosatore di a polifosfati individuali installati immediatamente a monte della lavatrice o dello scaldabagno o del generatore, che non trattano quindi l’acqua potabile che sgorga dal rubinetto da cucina, reggono alle obiezioni sopracitate.